Il Festival del Cinema Francese di Firenze – 9a edizione
12 titoli, 6 premi, 3 giurati, 1 madrina, 1 convegno, 1 dj parigino per la festa dedicata ai giovani spettatori e ai tantissimi ospiti. Questi sono i numeri della 9ª edizione di France Odeon che come ogni anno presenterà una selezione dei più interessanti film prodotti in Francia, alcuni del tutto inediti, altri invitati ai principali festival internazionali di cinema. Farà da contorno alla programmazione un convegno che tratterà dell’educazione all’immagine nelle scuole mettendo a confronto il sistema francese con quello che si sta delineando in Italia. Una giuria tutta al femminile assegnerà il premio Foglia d’Oro al miglior film della selezione mentre il pubblico farà la sua scelta esprimendo la propria opinione subito dopo la proiezione. Venerdì si spengneranno le luci dello schermo e si accenderà la festa animata da Dj Noise!
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PROGRAMMA
GIOVEDì 19
18.45 | INAUGURAZIONE
L’ambasciatrice di France Odeon Matilde Gioli apre la 9aedizione. Consegna del premio L’essenza del talento a Louis Garrel e Sveva Alviti.
A seguire | FILM DI APERTURA
LE REDOUTABLE
di Michel Hazanavicius con Louis Garrel, Stacy Martin e Bérénice Bejo (102 min, v.o. sott. ita.) CINEMA SRL
21.15
CE QUI NOUS LIE
di Cédric Klapisch con Pio Marmaï e Ana Girardot (113 min, v.o. sott. ita) OFFICINE UBU
venerdì 20
11.00 | CONVEGNO
Palazzo Sacrati Strozzi – Piazza Duomo, 10 – Firenze
RAGAZZI BENE EDUCATI (ALLE IMMAGINI)
Alla presenza di Rosa Maria Di Giorgi (vicepresidente del Senato). Apre i lavori l’assessore alla cultura della Regione Toscana Monica Barni. Partecipano: Nicola Borrelli (MiBACT), Giuseppe Pierro (Miur), Alberto Versace (Sensi Contemporanei), Pascal Rogard (SACD), Dragoslav Zachariev (Ambasciata di Francia), Olivier Zegna Rata (Radio France), Stefania Ippoliti (FST), Angelo Cianci (autore), Fabrice Bassemon (Clair Obscur), Claudio Gubitosi (Giffoni Film Festival), Gérome Bourdezeau (esercente), Gianluca Farinelli (Cineteca di Bologna), Domenico Dinoia (FICE). Modera Francesco Ranieri Martinotti.
18.00
L’AMANT D’UN JOUR
di Philippe Garrel con Eric Caravaca e Esther Garrel (76 min, v.o. sott. it. e ing.)
19.30
LA MELODIE
di Rachid Hami con Kad Merad e Samir Guesmi (102 min. v.o. sott. it.) OFFICINE UBU
21.30
DIANE A LES EPAULES
di Fabien Gorgeart con Clotilde Hesme e Fabrizio Rongione (87 min. v.o. sott. it.e ing.)
23.45 | DJ SET
DJ NOISE @ LA COMPAGNIA
Urban, Hip Hop, R&B e tanto altro
Ingresso libero con un biglietto di una proiezione del festival
sabato 21
16.00 | FUORI CONCORSO
PREMIO AL MIGLIOR DOPPIAGGIO a Emanuela Piovano per
L’ARTE DELLA FUGA
di Brice Cauvin con Agnès Jaoui e Laurent Lafitte (100 min, v.doppiata in italiano.) KITCHEN FILM
18.30
AURORE
di Blandine Lenoir con Agnès Jaoui e Thibault de Montalembert (89 min. v.o. sott. it.) BIM DISTRIBUZIONE
20.30
BARBARA
di Mathieu Amalric con Jeanne Balibar e Mathieu Amalric (97 min. v.o. sott. it. e ing.)
22.30
LOLA PATER
di Nadir Moknèche con Fanny Ardant e Tewfik Jallab (95 min. v.o. sott. it.e ing.)
DOMENICA 22
15.00
PETIT PAYSAN
di Hubert Charuel con Swann Arlaud e Sara Giraudeau (90 min. v.o. sott. it.) NO-MAD ENTERTAINMENT
A seguire | LA NATURA PROFANATA
Riflessioni di Giannozzo Pucci, Gloria Germani e Marco Luceri su natura e società.
17.15
DJANGO
di Etienne Comar con Reda Kateb e Cécile de France (115 min. v.o. sott. it. e ing.) GOOD FILMS
19.30 | PREMIAZIONE
Consegna dei Premi Foglia d’Oro, assegnati dalla giuria composta da Concita De Gregorio, Francesca Archibugi e Valentina Bellè
A seguire | FILM DI CHIUSURA – FUORI CONCORSO
7 JOURS PAS PLUS
di Héctor Cabello Reyes con Benoît Poelvoorde e Alexandra Lamy (91 min. v.o. sott. it. e ing.)
I FILM
Aurore
Sulla soglia dei cinquanta, ad Aurore le cose non potrebbero andare peggio: è stata lasciata dal marito, non ha più un lavoro, sua figlia è rimasta incinta e lei sta per diventare nonna. Tutto le sembra rivoltarsi contro, finché casualmente non rincontra il suo primo amore. Potrebbe così sperare in una ripartenza, ma Aurore non vuole ingannarsi ancora, avere altre delusioni…
Nella linea di quelle commedie intelligenti che al divertimento uniscono le emozioni punteggiando la narrazione con acuti spunti di riflessione sull’esistenza, Blandine Lenoir per il ruolo di Aurore non avrebbe potuto fare scelta migliore di Agnés Jaoui, la memorabile interprete di Les gouts des autres.
L’essere sottoposta alle vessazioni delle “cinquanta primavere”, come recita il titolo italiano del film, ma avere contemporaneamente la capacità e la forza di sfuggire al richiamo molesto della malinconia sono solo alcune delle sottili sfumature del personaggio che poche altre attrici in Europa hanno le corde per poter interpretare. Una scena tra tutte: Aurore silenziosa che balla da sola e ricorda di quando le figlie erano piccole e la seguivano al ritmo della musica, ammansisce e commuove anche gli animi più ruvidi.
Barbara
L’attore Mathieu Amalric, da regista, ci ha abituato a opere e personaggi sempre in bilico tra finzione e realtà, sempre a cavallo tra il teatro e il cinema e anche in Barbara, il suo omaggio incondizionato alla grande chanteuse, ha seguito con coerenza la stessa direzione.
Un’attrice (Jeanne Balibar) torna a Parigi per interpretare il ruolo della cantante di culto Barbara in un film realizzato da un regista infervorato (Mathieu Amalric). Il suo lavoro di immedesimazione è così assoluto che non solo lei, prima, ma anche lo spettatore, dopo, non distingueranno più la differenza tra attrice e cantante.
Un film biografico che non rischia mai di trasformarsi in uno di quei biopic standard su modello americano. La via intrapresa è ben altra, sempre imprevedibile e spiazzante dove lo stile documentaristico, la finzione, il materiale di repertorio e le ricostruzioni, l’interprete e il personaggio, la sceneggiatura e l’improvvisazione convivono e si fondono in qualcosa che sorprende e seduce, richiamando persino in alcuni momenti le atmosfere felliniane di 8 e mezzo.
Ce qui nous lie
Autore del noto L’appartamento spagnolo, film di culto della generazione Erasmus, Cédric Klapisch, riesce sempre a raccontare con la lievità della commedia storie attuali che interessano il pubblico e sono apprezzate dalla critica. Ce qui nous lie, che in Italia esce con il titolo Ritorno in Borgogna, affronta il tema della tradizione e di come ne avviene il passaggio da generazione a generazione. Jean (Pio Marmaï) che dieci anni prima, in disaccordo con il padre, aveva lasciato l’azienda vinicola di famiglia per trasferirsi in Australia, ritorna nella terra della sua infanzia, la Borgogna. Ritrovare sua sorella Juliette (Ana Girardot) e suo fratello Jérémie (François Civil), alla vigilia della morte dell’anziano genitore riapre antiche ferite. Mentre la vendemmia è in corso, bisognerà ora risolvere anche le questioni relative all’eredità che porteranno alla divisione dell’azienda e a una fatale frammentazione delle vigne.
La mélodie
Non sorprende che Rachid Hami, il regista di La mèlodie, sia stato tra i primi attori di Abdellatif Kechiche, l’autore di L’esquive che meglio di tutti sa far recitare i giovani non professionisti. La qualità principale del film di Hami, presentato alla 74° Mostra di Venezia, non è infatti l’originalità della storia che ribadisce, come è già stato fatto tante volte nel cinema, la forza taumaturgica della musica, ma proprio la capacità di condurre la recitazione del gruppo di adolescenti che interpretano loro stessi nella classe di una scuola di periferia. E anche Kad Merad, considerato una star del cinema francese, nella sua interpretazione del violinista datosi all’insegnamento è misurato come non lo è mai stato.È proprio il rapporto, prima conflittuale e poi di fiducia, che si crea tra lui e il gruppo grazie a la mélodie del violino che combina insieme la Classe di Cantet e Le concert di Mihaileanu, che rende il film apprezzabile e divertente con il garbo e l’intelligenza di una commedia realizzata per far trascorrere cento minuti di piacevolezza.
L’AMANT D’UN JOUR
La trilogia di Philippe Garrel di cui fanno parte La Jalousie e L’ombredes fammes, presentati in passato al nostro festival, si completa con L’amant d’un jour, vincitore del premio Sacd alla Quinzaine de Réalisateurs 2017. Sembra di assistere sempre allo stesso film, ma non è così: la grandezza e la forza del cinema di Garrel sta proprio in questo inganno, inganno di cui sono vittime gli spettatori “d’un jours”. Perché Garrel va visto nello scorrere progressivo, film dopo film, della sua opera complessiva. In continuità con la poetica della Nouvelle Vague il regista non cambia soggetto, non cambia personaggi, non cambia estetica ma fa evolvere, avanza costante in una piena e assoluta coerenza artistica come un pittore fa quadri simili ma tutti diversi. Una notte, un padre trova sotto casa la figlia in lacrime: è stata lasciata dal suo compagno. Trattandosi di un padre premuroso che conosce l’amore, la passione e suoi tormenti l’accoglie a braccia aperte, ma le comunica che c’è una donna non solo nell’appartamento ma anche nel suo letto. È una delle sue studentesse , vivono insieme da tre mesi e ha la stessa età di sua figlia…
Petit Paysan
In Francia, assai più che in Italia, esiste una nuova generazione di agricoltori che si sta riavvicinando alla campagna, tale ritorno non sempre poggia però sull’esperienza e la tradizione che ebbero le generazioni precedenti nate e vissute per secoli a contatto e quasi in simbiosi con la terra. Addirittura, come per il protagonista di Petit Paysan, Pierre (Swann Arlaud), si pongono insolubili questioni etiche legate al devastante abuso che la nostra società post-industriale ha compiuto e compie ai danni della natura.
Questo giovane allevatore che ha ripreso l’attività dei genitori dedica ogni minuto dell’esistenza ai suoi animali. E quando apprende che in Francia si sta diffondendo un’epidemia di “mucca pazza ” e centinaia di capi saranno abbattuti comincia ad aver paura. Finché strani sintomi si manifestano anche sulle sue bestie, negherà a tutti l’evidenza in particolar modo alla sorella che è veterinaria.
LE REDOUTABLE
Ci sono persone, periodi, miti che sembrano “intoccabili”. Della categoria “intoccabili” ha fatto parte da sempre Jean-Luc Godard, il regista “rivoluzionario”della mitica Nouvelle Vague assunto a ”guru” del moderno cinema di ricerca. Ultimamente il suo astro si è alquanto appannato, in verità; però appena si sparse la notizia che un regista, Michel osava fare “un film su JLG” i fan del regista svizzero-parigino si misero in grande agitazione. Solo uno del clan poteva osare tanto. Il fatto poi che il film sia stato selezionato per Cannes 2017 ha fatto crescere la tensione. In realtà Hazanavicius. non intendeva affatto “fare un film su Godard regista”, mirava solo a rievocare un breve periodo della vita privata dell’autore di Pierrot le fou: il biennio 1967-68, allorquando, separatosi dall’affascinante-fragile Anna Karina, sua musa nei primi favolosi anni sessanta, Jean-Luc si innamorò di Anne Wiazemsky, la nipote dell’aulico scrittore gaullista François Mauriac,. Sull’esperienza di quei due anni con il guru JLG, Anne W. aveva scritto due libri autobiografici; trovandoli per caso in una stazione parigina, Michel H. li aveva divorati e si era convinto che da quella originalissima storia d’amore alla vigilia del sessantotto si poteva ricavare un bel film. Sul momento scelse un titolo non proprio felice: Le Redoutable, “Il terribile”; quel titolo non riguardava il protagonista JLG, come pensò qualcuno e se ne preoccupò, alludeva solo al nome del primo celebre sottomarino nucleare francese varato proprio in quel 1967; la curiosa battuta coniata in quell’occasione («così va la vita a bordo del Redoutable») divenne un’espressione corrente all’epoca, come a punteggiare comicamente la vicenda, il regista la introduce a volte nel film come un leit-motif.
Diane a les épaules
L’ opera prima di Fabien Gorgeart rientra nella linea dei suoi corti dedicati a quegli aspetti psicologici e sociali legati alle nuove forme parentali. Se in Le Sens de l’orientation (2012) Gorgeart si è occupato di sterilità maschile e in Un chien de ma chienne (2012) dell’esperienza di una donna che vive una faticosa e interminabile gravidanza in Diane a les épaules s’interessa a un tema considerato controverso soprattutto nel nostro Paese: la maternità surrogata. Senza esitazione Diane accetta di concepire il figlio di Thomas e Jacques, i suoi migliori amici. In questa circostanza, non sempre facile da,la donna s’innamora di Fabrizio e portare a termine il percorso avviato diventa ancora più problematico. Al di là delle riflessioni etiche che il film suscita rispetto al tema dell’utero “ in affitto”, tema trattato qui senza retorica e attraverso uno sguardo laico, si deve dare atto ancora una volta al cinema francese, ai suoi autori, ai suoi produttori di saper seguire e raccontare tempestivamente i cambiamenti di una società sempre più complessa e difficile da rappresentare . Ma in particolare ciò che consente di rappresentarla così bene coinvolgendo anche quella parte del pubblico meno attenta è il patrimonio di eccellenti attori: in questo caso una sublime Clotilde Hesmeche incarna la libertà e la mancanza di pregiudizi di Diane e il sempre perfetto Fabrizio Rongione attore di culto dei fratelli Dardenne.
Lola pater
Che cosa accade quando Zino scopre all’improvviso che suo padre non è la persona che credeva? Deve mettersi d’accordo sull’ordine dopo la morte della madre, un’algerina trapiantata a Parigi e abbandonata dal marito quando lui era bambino. Si reca così nel sud della Francia per parlargli, ma qui lo attende una sorpresa che gli sconvolgerà l’esistenza. Condizionato da una visione tradizionale della famiglia, ma allo stesso tempo determinato a conoscere fino in fondo la verità, Zino non accetta ciò che la vita gli ha destinato: quella a cui appartiene è una comunità non pronta ai cambiamenti di costume o meglio alle trasformazioni. Dopo Délice Paloma che nel 2007 fu censurato in Algeria per aver denunciato l’elevato livello di corruzione del Paese, Nadir Moknèche con Lola Pater cambia registro e attraverso un racconto incalzante, realizza un thriller dei sentimenti che disorienta lo spettatore e lo conduce ad un finale inatteso. Il film si rivela delicato ma allo stesso tempo potente per le immagini che ben rappresentano lo smarrimento del protagonista. Una straordinaria interpretazione di Fanny Ardant che Francois Truffaut aveva elevato a simbolo della femminilità e che Moknèche trasforma in tutt’altro… Da non perdere.
7 jours pas plus
Cosa accomuna una mucca caduta dal cielo, un ferramenta francese, un indiano senza passaporto e una bella normanna che ama i venditori di viti con la mania dell’ordine? La risposta è in 7 jours pas plus, un film che pone la domanda a cui tutti cerchiamo di dare una risposta: è il caso a governare le nostre vite?
Rifacimento del fortunato El Chino, lungometraggio argentino del 2011, il film interpretato da Benoît Poelvoorde è un interessante esempio di remake che la vivace industria francese ha sottratto all’entertainment americano. La versione di Héctor Cabello Reyes mantiene la struttura del film originale, spostando l’azione nel nord della Francia.
Il risultato è un rifacimento ben riuscito, in cui le diversità culturali vengono trattate con il sorriso – e che ha suscitato lo stesso sorriso tra gli spettatori francesi.
L’art de la fugue
(versione doppiata in italiano)
Antoine vive con Adar, ma sogna di stare con Alexis… Louis è innamorato di Matilde ma sta per sposarsi con Julie…. Gérard, che ama solo Hélène, cadrà fra le braccia di Ariel? Tre fratelli in piena confusione… Come ritrovare la giusta strada o…. sfuggire alle responsabilità?
Una “serenata a tre” che orchestra le vite di tre fratelli e di tutti i bizzarri personaggi che li circondano, un film brillante e singolare, una commedia sulla vita quotidiana, sulla versatilità del desiderio, sulla fragilità dei legami amorosi e del tempo che passa. La spontaneità, la poesia e la leggerezza che caratterizzano la regia della seconda opera di Brice Cauvin ricordano per molti versi quella di Jacques Demy, mentre i divertenti dialoghi, a volte cinici, tra i vari personaggi ci fanno quasi pensare al primo Woody Allen.
DJANGO
Biopic musicale di uno dei musicisti jazz più apprezzati di sempre, Django racconta un momento particolare della vita di Django Reinhard. Nel 1943, i nazisti che occupano la Francia intensificano le persecuzioni nei confronti del popolo gitano, eppure il successo del chitarrista manouche è tale che gli stessi nazisti gli offrono una tournée in Germania per rallegrare il morale delle truppe in partenza per il fronte. Quale sarà la scelta del jazzista? Sarà in grado di accettare una tournée per un pubblico che odia la sua gente?
Film di apertura del Festival di Berlino, l’opera di Étienne Comar si presenta come un ensemble di più generi che spaziano dal dramma bellico-spionistico al film romantico, il tutto orchestrato da una musica coinvolgente che rende difficile lo stare seduti agli spettatori.
INGRESSO
Intero: 7 euro
Ridotto: 6 euro
Abbonamento 5 spettacoli: 25 euro
Abbonamento completo (12 spettacoli): 48 euro
Sito ufficiale: www.franceodeon.com