Segnare il tempo
La 39a edizione del Festival Internazionale di cinema e Donne si terrà quest’anno dall’8 al 12 novembre.
Introduzione al festival
Forse viviamo già nel tempo delle donne e del femmnile che si afferma nella società, come arditamente si argomenta e bene. Di sicuro è possibile tracciare i momenti significativi di questa progressiva invasione attraverso la relazione tra donne e cinema. Segnare il tempo è questo. La relazione che diventa rivelazione di un mondo emergente. Presentiamo autrici di lungo corso come Coline Serreau e Dominique Cabrera, maestre del cinema francese, scegliendo percorsi che raccontano momenti forti del nostro tempo: la nascita del femmnismo e la sua evoluzione a critica della società globale (Serreau), la vita post-coloniale narrata in prima persona (Cabrera). Anche nuovi e formidabili arrivi come la svizzera di origine italiana Petra Volpe, che svela i retroscena dell’ultima conquista del voto del Novecento, in Svizzera nel 1971. Tutte lavorano con ironia tra storia e memoria, personale e collettiva, con l’occhio puntato all’attualità e alla necessità della trasmissione alle nuove generazioni, che chiedono riferimenti per segnare il tempo. La svizzera Mariann Lewinsky è una specialista di questo continuo lavorio nella memoria del cinema e la migliore sul campo. Produrre documentari come documenti, preziosi per esplorare un Paese e la sua storia è la specialità delle due grandi autrici che ci parlano della cultura berbera Amazigh, è il caso di Farida Benlyazid e di quella Arabo Giudaica, Izza Genini, in un tripudio di musica e danza, abiti e trucchi, con una ricerca musicale prodigiosa. E se da loro capiamo perché il Marocco sia la cinematografia più interessante del Nord Africa e la meta turistica che tutti bramano, dalle autrici che vivono e lavorano in Sardegna apprendiamo più o meno le stesse cose. Una produzione orgogliosamente insulare che accoglie e fabbrica talenti e scalpita per raggiungere l’eccellenza: Gabriella Rosaleva, Nicoletta Nessler e Marilisa Piga sono i nostri nomi. La sezione Uma casa portuguesa conferma l’inclinazione alla fiction breve e al documentario delle giovani registe portoghesi, come la brava Margarida Leitão. La selezione di corti, molto accurata e rivelatrice di tendenze verso la grafica e l’animazione, tra narrazione e sperimentazione, tra Spagna, Polonia, Francia, Portogallo e Italia, prevalentemente l’Europa ma non mancano gli Usa. Ricordiamo la grande Anita Thacher, a pochi mesi dalla prematura scomparsa, con una delle sue numerosissime opere, stavolta dedicata al nostro festival, ambientata a Firenze e fotografata da Amalie Rothschild. E Sofia Scandurra, dalla pittura al film, figura centrale del grande cinema degli anni Sessanta, che sapeva trasmettere ai giovani l’arte del cinema. Testimonianze delle figlie Fiorenza e Ludovica. Sempre da Firenze, la “Advancing Women Artists Foundation”, presenta in anteprima l’inchiesta Noi siamo cultura, uno dei numerosi progetti della loro attività culturale. Per l’Italia, oltre a confermare le ottime Alessandra Pescetta ed Elisabetta Pandimiglio, si rende affettuoso omaggio a Dacia Maraini, maestra della scrittura e dei personaggi femminili che segnano anche il tempo del cinema. Come accade per l’esposizione di “Reperti etnografici dall’Antropocene” dell’antropologa Silvia Lelli e l’istallazione di videoritratti di Matilde Gagliardo “La fabbrica della bellezza”, che ferma nel tempo il popolo della manifattura di Doccia. Una serie di anteprime firmate da Laura Cini, Sandra Vannucchi e Tatiana Forese, le prime due, toscane e la terza, romana trasmigrata a Casablanca, danno il segno dei tempi nuovi del cinema delle donne che, nonostante tutto, va avanti per la sua difficile eppure meravigliosa strada.
Il programma compelto sarà disponibile a breve nella sezione PROGRAMMA.