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La passione di Giovanna d’Arco

INGRESSO: intero 4€, ridotto 3€

La critica cinematografica riconosce in Carl Theodor Dreyer un ineguagliato maestro di stile e autore di alcuni dei film più rigorosi della storia del cinema. Lontano dal ricorrere ai facili formalismi, Dreyer descrisse con uno stile ascetico e con una notevole forza espressiva la complessità morale dell’uomo, sondando le profondità spirituali della fede, dell’amore e della morte. Dopo “Il padrone di casa” (anche noto come “L’angelo del focolare”) del 1925, la Société Genérale des Films gli affidò la realizzazione di un lungometraggio su Giovanna d’Arco. Il film, a cui lavorò anche sul montaggio, uscì nelle sale nel 1928. Con l’aiuto di Michel Champion scrisse la sceneggiatura, che nasceva da studi diretti sulle trascrizioni originali del processo. Dreyer creò un capolavoro di emozione che si divide equamente tra realismo e espressionismo, tra spontaneità e ordine, tra chiusura storica della religione e apertura della fede. L’andamento stilistico, riducendo gli elementi drammatici, porta ad ampliare i significati: spazio, luce, espressività dei volti ne sono i pilastri. La pulzella trova la sua “fisicità” ideale in Renée Falconetti (1892-1946): una interpretazione memorabile. Che andò ben oltre il semplice immedesimarsi, diventando quanto di più vicino a una vera e propria “reincarnazione” si sia mai verificato su un set cinematografico. Dreyer, alla ricerca di un’attrice dal volto intenso da perlustrare con l’occhio della macchina da presa in primi piani che facessero a meno di ogni tipo di trucco, trovò in lei la “verità” di una intensità dolorosa, quasi naturalmente espressionista: un volto “contadino” che neppure le più paludate convenzioni teatrali riuscivano a nascondere o mortificare. Non solo i capelli dell’attrice furono realmente tagliati davanti alla troupe, ma secondo la testimonianza di Jean Mitry, Falconetti accettò di lasciarsi stringere le caviglie in una morsa durante la scena del supplizio (poi tagliata dalla censura) che fu provata per un’intera settimana. Di qui l’intensità insostenibile dei suoi primi piani, valorizzata dalla fotografia di Rudolph Maté e dall’essenzialità rigorosa delle scenografie di Hermann Warm. Di fronte ai volti grotteschi, minacciosi e terrificanti dei giudici che la circondano, la incalzano e la perseguitano con mille domande e trabocchetti, sul suo viso si disegnano paura, dolore e angoscia, ma anche forza incoercibile. Tra gli attori c’era Antonin Artaud (il monaco Massieu) che parlò poi della strana corrente psichica che si era stabilita sul set tra lui, Dreyer e Falconetti, indipendentemente dalle loro volontà. Il fatto che l’attrice fosse rimasta segnata sul piano nervoso dall’esperienza del film è probabilmente una leggenda, dato che riprese senza difficoltà e con successo la carriera teatrale, e tornò addirittura a impersonare sul palcoscenico il personaggio della Pulzella nella “Jeanne d’Arc” di Saint-Georges de Bouhélier (1934). (G.Rizza)

Interpreti: Renée Falcoonetti, Eugène Silvain, Maurice Schutz, Michel Simon, Antonin Artaud.

Introduce il critico Gabriele Rizza

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