60° Festival dei Popoli
This film is about me
di Alexis Delgado Burdalo, Spagna, 2019, 60 minuti
Renata e Alexis girano un film insieme. Renata è un personaggio magnetico, carismatico; è contenta di recitare per Alexis, ogniqualvolta quest’ultima viene a trovarla nel penitenziario che lei chiama “casa”. Su una cosa però Renata è meno aperta: l’omicidio che l’ha portata lì dentro. Il tormentoso, creativo ritratto di un rimpianto.
Alla presenza del regista.
60° Festival dei Popoli
Flesh
di Camila Kater, Brasile, Spagna, 2019, 12 minuti
Il corpo femminile deve subire innumerevoli giudizi, valutazioni, distorsioni prima di arrivare alla donna che lo possiede. Le richieste di adeguamento, di corrispondenza a standard astratti, le aspettative proiettate sul corpo hanno un impatto determinante nella percezione di sé. In questo breve film d’animazione, cinque donne di età diverse raccontano il loro rapporto con i ritmi biologici femminili: dall’infanzia all’età avanzata.
Alla presenza del regista.
60° Festival dei Popoli
A Tiny Place that is Hard to Touch
di Shelly Silver, Giappone, USA, 2019, 39 minuti
In un anonimo appartamento nel quartiere di Tatekawa, a Tokyo, una donna americana assume una giapponese per farsi tradurre delle interviste riguardanti il decrescente tasso di natalità in Giappone. L’americana vanta una conoscenza del Giappone priva di fondamento; la giapponese soffre di un eccesso di distanza critica. Si irritano l’un l’altra, litigano, si scontrano per amore o lussuria; a questo punto la storia viene dirottata in territorio fantascientifico, con l’interprete che interrompe le sessioni di lavoro per raccontare di un mondo infettato dalla consapevolezza della propria rovina. Il quartiere in cui è ambientato il film ha già conosciuto la devastazione, essendo stato raso al suolo nella notte del 9 marzo 1945 dai bombardamenti americani.
Alla presenza della regista.
60° Festival dei Popoli
State Funeral
di Sergei Loznitsa, Paesi Bassi, Lituania, 2019, 135 minuti
5 marzo 1953: Stalin muore. Per giorni i cineopertori di Stato riprendono le manifestazioni, i riti, i discorsi, le reazioni che si muovono intorno ai funerali del dittatore sovietico. Loznitsa, quasi settant’anni dopo, ritrova l’enorme mole dei materiali giratie li ricostruisce - per la prima volta usando anche immagini a colori - in una nuova macchina del tempo e del ritmo che attraverso l’analisi del grande apparato della propaganda sovietica “aggredisce” e interpella lo spettatore di oggi.
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60° Festival dei Popoli
One More Jump
di Emanuele Gerosa, Italia, Svizzera, Palestina, 2019, 83 minuti
Jehad e Abdallah, due atleti di parkour, utilizzano le loro straordinarie doti acrobatiche per superare gli ostacoli con velocità ed eleganza. Un giorno il destino li ha divisi e oggi sono separati dal Mediterraneo. Jehad è ancora nella nativa Gaza, alleva la nuova generazione del Gaza Parkour Team e si arrovella per ottenere il passaporto. Abdallah vive e si allena a Firenze. One More Jump è il ritratto, doppio e speculare, di due esistenze difficili in cui sogni e speranze – ingredienti essenziali della gioventù – vengono messi a dura prova dai vincoli di un mondo in cui l’unica libertà.
60° Festival dei Popoli
In comparison
di Harun Farocki, Germania, Austria, 2009, 61 minuti
Dall’Africa all’Europa, il film mostra diverse tecnologie e pratiche nella costruzione dei mattoni, dal puro artigianato all’automazione robotica. Quello che può essere visto come un dettaglio marginale di una società – il mattone – diventa, attraverso il montaggio per corrispondenze di Farocki, un percorso per attraversare la molteplicità delle culture, le diversità nel rapporto con ciò che costituisce in senso originario il nostro rapporto con il mondo, l’abitare.
60° Festival dei Popoli
Our Defeats
di Jean-Gabriel Periot, Francia, 2019, 97 minuti
Guardando indietro al cinema della stagione politica del ’68 e guardando avanti alle interviste odierne con alcuni giovani a cui vengono mostrati estratti di film che saltano fuori dal passato, Nos Defaites ritrae il modo in cui i giovani si rapportano oggi alla politica. Abbiamo ancora abbastanza forza per reggere il caos di oggi? Il film è stato realizzato nell’ambito di un programma educativo insieme agli studenti di cinema della scuola superiore di Ivry-sur-Seine. Durante le riprese, alcuni di loro hanno recitato davanti alla camera, altri hanno fatto parte della troupe.
60° Festival dei Popoli
That which does not kill
di Alexe Poukine, Belgio, Francia, 2019, 85 minuti
Ada ha 19 anni. Un uomo che conosce la invita a cena e lei accetta. Va tutto molto in fretta e lei non riesce a reagire. Corpo e mente sono sconvolti. Nonostante ciò, o forse a causa di quello, ritorna da lui due volte, per affrontarlo. La sua storia si intreccia ad altre, ognuna diversa ma allo stesso tempo uguale nel suo orrore, nella sua follia e banalità.
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60° Festival dei Popoli
Theodor
di Maria Boldrin, Italia, 2019, 50 minuti
Theodor sta per compiere 5 anni, ma non solo. Sta per dirigere una parte del film che la sua amata Momo vuole girare su di lui e sul suo regno di sogni: l’appartamento all’ultimo piano dove vive con la famiglia. La videocamera è un nuovo, straordinario compagno di avventure. Bisonti da braccare e pinguini che si tuffano nello yogurt coesistono con l’aspirazione del piccolo regista a filmare ciò che la gente fa, a testimonianza di uno sguardo primigenio e assertivo sul reale degno degli albori del cinema.
60° Festival dei Popoli
Welcome to Sodom
di Florian Weigensamer e Christian Krönes, Austria, Ghana, 2018, 92 minuti
Agbogloshi, Accra si è dimostrato essere uno dei luoghi più velenosi al mondo. È la più grande discarica di rifiuti elettronici del pianeta. Circa 6000 donne, uomini e bambini vivono e lavorano qui. La chiamano “Sodoma”. Ogni anno circa 250.000 tonnellate di computer, smartphone, serbatoi di aria condizionata e altri dispositivi provenienti da un mondo lontano, elettrificato e digitalizzato, finiscono qui. Spediti illegalmente in Ghana.
in collaborazione con Fondazione Finanza Etica
60° Festival dei Popoli
I Have Seen Nothing, I Have Seen All
di di Yaser Kassab, Libano, Svezia, Siria, 2019, 19 minuti
Dopo tanto parlare della fine della guerra in Siria e dell’avvio della ricostruzione, Yaser e la sua famiglia si trovano costretti a occuparsi del trasferimento delle tombe dai parchi pubblici ad Aleppo. Migliaia di chilometri separano Yaser dai suoi geni- tori, poiché lui abita in un paese scandinavo. Le contraddizioni fra i due mondi si riflette sulle modalità di ciascuno di gestire l’accaduto.
alla presenza del regista
60° Festival dei Popoli
Missed Embrace
di Faezeh Nikoozad, Germania, Iran, 2019, 53 minuti
Anni dopo la perdita dei genitori, avvenuta durante l’infanzia, Faezeh decide di riscoprire, attraverso la costruzione del racconto cinematografico, il suo passato. La regista intraprende una duplice indagine: una nel presente, incontrando le persone a lei vicine, l’altra nei ricordi di famiglia, riportando alla luce vecchie fotografie e home movies. Proprio nelle immagini private dei VHS Faezeh nota la presenza di un uomo sconosciuto che gradualmente si rivela aver avuto un ruolo fondamentale nella sua infanzia.
alla presenza del regista
60° Festival dei Popoli
By the name of Tania
di Bénédicte Liénard, Mary Jiménez, Belgio, Paesi Bassi, 2019, 85 minuti
By the Name of Tania è, come dice il titolo, un film che parla “a nome di”, e al tempo stesso “per mezzo di”; un film che raccoglie voci, testimonianze, tracce di esperienze collettive. Le esperienze sono quelle di tante ragazze peruviane costrette a prostituirsi mentre sono alla ricerca di condizioni migliori di vita. Le parole e i pensieri di Tania, il personaggio creato nel film, sono il risultato del montaggio dei loro pensieri, delle loro preoccupazioni, desideri, sogni, paure.
alla presenza dei registi
60° Festival dei Popoli
Reynard (Raposa)
di Leonor Noivo, Portogallo, 2019, 40 minuti
La regista Leonor Noivo e l’attrice Patrícia Guerreiro, per parlare del segreto che con- dividono e su cui si basa la loro amicizia, decidono di creare il personaggio di Marta, la protagonista del film. Il loro segreto è ciò che la medicina chiama anoressia e che le autrici di Raposa (che, in portoghese, significa volpe) considerano una possibilità di essere al mondo. Il rapporto con il proprio corpo, con lo spazio in cui esso vive, con il cibo che lo nutre, con i pensieri che lo abitano.
alla presenza della regista
60° Festival dei Popoli
Moshta
di Daryanavard Talheh, Belgio, 2019, 59 minuti
Sulle spiagge dell’isola di Qeshm, nell’Iran meridionale, un gruppo di pescatori che fa ancora uso di tecniche arcaiche ha conservato un’enorme rete da pesca, chiamata “moshta”. Purtroppo, il mare ha quasi esaurito le riserve ittiche. Il paesaggio è di una bellezza poetica e senza tempo, ma la realtà di un mondo che cambia è molto dura. Il documentario, dedicato al padre del regista, si fa portatore dei suoi sentimenti più profondi, fra cui una grande empatia nei confronti di una comunità indifesa di fronte al mutare dell’economia e della natura.
alla presenza del regista
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60° Festival dei Popoli
The Cave
di Feras Fayyad, Danimarca, Germania, USA, Siria, Qatar, 2019, 95 minuti
Da Feras Fayyad (già nomination agli Oscar per il suo Last Men in Aleppo) un toccante racconto di guerra e resistenza vincitore del Premio del Pubblico al Toronto Film Festival.
Nell’ospedale siriano di Ghouta il personale medico e paramedico porta avanti i propri compiti in condizioni che vanno oltre ogni immaginazione. Ambulatori e sale operatorie, interamente sotterranei per resistere ai bombardamenti, sono angusti e perennemente affollati, i medicinali sono terminati e il cibo scarseggia. Tra le tante figure, emerge la giovanissima direttrice dell’ospedale, che guida il proprio team attraverso ogni tipo di difficoltà, non ultimo il preconcetto che una donna non debba avere simili occupazioni.
60° Festival dei Popoli
Campo
di Tiago Hespanha, Spagna, Portogallo, 2019, 95 minuti
Alla periferia di Lisbona, il “campo” ospita la più grande base militare d’Europa. Luogo di difficile definizione, dove truppe di soldati si addestrano per missioni immaginarie, scienziati osservano stelle e pianeti, un ragazzo al pianoforte suona per gli animali selvatici nascosti nel buio. E ancora: allevatori accudiscono il loro bestiame, troupe cinematografiche girano i loro film. Una voce divina, fuoricampo, ci guida nella scoperta di regole immutabili dell’Essere, nell’apparente disordine del reale.
alla presenza del regista
60° Festival dei Popoli
My English Cousin
di Karim Sayad, Svizzera, Qatar, 2019, 83 minuti
2001, Fahed arriva nel Regno Unito dall’Algeria traboccante di aspirazioni e sogni... 2018, nel mezzo di una crisi di mezza età, adesso deve prendere una decisione. Continuare con il suo stile di vita umile, lavorando per 50 ore alla settimana tra il ristorante take-away e la fabbrica, o tornare in Algeria, il paese da cui è fuggito nella speranza di una vita migliore?
alla presenza del regista
60° Festival dei Popoli
Les enfants jouent a la Russie
di Jean-Luc Godard, Francia, Svizzera, 1993, 61 minuti
Nel pieno del progetto-monstre delle Histoire(s) du cinéma, Godard prosegue la sua personalissima indagine sulle immagini del Novecento attraverso un film che esplora la storia del cinema russo e sovietico. Non si tratta però di una ricostruzione storica ma, ancora una volta, di un ritratto e di un autoritratto. Il ritratto di un paese che emerge attraverso le mille storie che il cinema sovietico ha costruito nel corso della sua parabola; l’autoritratto di Godard stesso, che non cessa di interrogare il cinema a partire dal suo amore per le immagini.
in collaborazione con Palazzo Strozzi
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60° Festival dei Popoli
Caterina
di Francesco Corsi, Italia, 2019, 79 minuti
Un’emozionate ritratto di Caterina Bueno, etnomusicologa, cantante e “raccatta- canzoni” che, a partire dagli anni ‘60, portò all’attenzione del grande pubblico il preziosissimo patrimonio di canti e tradizioni musicali pazientemente raccolti nelle campagne della Toscana e diffusi in dischi e concerti che ricossero un’attenzione internazionale. Il lavoro e l’arte di Caterina nacquero dalla consapevolezza che i can- ti popolari fossero canti di tutti, trasmessi di generazione in generazione e continuamente rimaneggiati. Il film è impreziosito da alcune tre le esecuzioni più pregevoli di Caterina e dei tanti musicisti (tra cui un giovanissimo Francesco De Gregori) che l’hanno accompagnata in quella straordinaria stagione della musica italiana.
alla presenza del regista
a seguire: “Viva caterina. Caterina viva”, omaggio musicale dal vivo con ospiti a sorpresa
60° Festival dei Popoli
Inexorable time
di Věra Chytilová, Repubblica Ceca, 1978, 16 minuti
Il tempo della vita è inesorabile. Esso scorre verso la morte e, in una data epoca della vita di un essere umano, questa consapevolezza costringe a riflettere sul tempo, sul passato, sugli attimi presenti e sulle mutazioni del proprio corpo. Věra Chytilová, uno degli sguardi più visionari del cinema cecoslovacco, esplora queste riflessioni in una serie di incontri con persone in età avanzata.
60° Festival dei Popoli
Le Franc
di Djibril Diop Mambety, Francia, Senegal, Svizzera, 1994, 45 minuti
Nonostante il budget molto limitato e il formato ridotto, Le Franc è uno dei film più famosi del regista senegalese Djibril Diop Mambéty. Strutturato come una commedia, il film è uno sguardo ironico e acuto sulla quotidianità di una città del Senegal e sul passaggio tra tradizione e modernità. È il primo tassello di una trilogia di storie su persone comuni, mai portata a termine dal regista. Il protagonista è un musicista, Marigo, il cui strumento tradizionale è stato confiscato dalla padrona di casa perché Marigo è in arretrato con l’affitto. Entrato in possesso di un biglietto della lotteria, l’uomo sogna di diventare ricco.
60° Festival dei Popoli
The Mistral
di Joris Ivens, Francia, 1966, 33 minuti
Fare del vento il soggetto di un film: Ivens non è nuovo a questo tipo di proget- to, perché già Regen (Pioggia, 1929) era un film dedicato tutto alle mutazioni del paesaggio dovute al cadere dell’acqua. Ma mentre nel film precedente la pioggia diventava l’occasione di fare dell’immagine (e del montaggio) uno strumento di evocazione del suono, qui il vento si configura come l’occasione di una diversa sperimentazione.
60° Festival dei Popoli
Elliott Erwitt, Silence sounds good
di Adriana Lopez-Sanfeliu, Francia, Spagna, 2019, 61 minuti
«Sono serio sul non prendersi sul serio», dichiara Elliott Erwitt durante l’intervista dedicata alla sua vita e alle sue opere. Il film è pieno di frasi lapidarie come questa, rivelatrici della propensione del fotografo della Magnum alla battuta e all’osservazione caustica, per non parlare del suo gusto per l’ambiguità. Un’altra cosa evidente è l’inesauribile energia di Erwitt: quasi novantenne all’epoca delle riprese. Lo seguiamo in viaggio a Cuba come inviato, mentre prepara un nuovo libro e si affaccenda in giro per New York City.
60° Festival dei Popoli
Lisbon Beat
di Rita Maia, Vasco Viana, Portogallo, 2019, 75 minuti
Un viaggio attraverso la periferia di Lisbona ma anche attraverso le vite di alcuni musicisti in cerca del “posto giusto” in una città caratterizzata da complesse questioni identitarie. Luogo di incontro fra generazioni e background diversi, dall’Angola a São Tomé, da Capo Verde alla Guinea-Bissau, che prendono corpo attraverso vecchi musicisti e giovani produttori.
60° Festival dei Popoli
Cerimonia di premiazione del 60° Festival dei Popoli
60° Festival dei Popoli
Dont look back
di D.A. Pennebake, USA, 1967, 97 minuti
Dont Look Back (l’errore nel titolo è voluto), continua ad essere uno dei ritratti più radicali ed eccedenti di Bob Dylan. Filmato durante la tournée inglese del 1965, il film è la quintessenza dello stile filmico di D.A. Pennebaker, fondato sull’idea che il cinema sia uno strumento in costante movimento, come la vita delle persone catturate dalla macchina da presa. Dont Look Back è un ritratto nel vero senso del termine, vale a dire una esposizione sotto forma di frammenti brucianti di un “Io”, quello di Dylan artista e uomo, i cui gesti, le cui parole, il cui movimento continuo sono afferrati da un occhio cinematografico fremente come l’icona fragile e potentissima di fronte a lui.
PROGRAMMAZIONE
La scomparsa di mia madre
di Beniamino Barrese, 2019, Italia, 90 minuti
INGRESSO: 6€ int/ 5€ rid
Beniamino Barrese racconta sua madre, Benedetta Barzini, top model negli anni 60, musa di fotografi e artisti, da Irving Penn a Richard Avedon, da Andy Warhol a Salvador Dalì. Presentato nella selezione ufficiale dell'ultimo Sundance Film Festival.
Flashback - Scusate il ritardo, bimbi!
Il piccolo Yeti
di Jill Culton e Todd Wilderman, Cina/USA, 2019, 97 min.
INGRESSO: 4€ intero / 6€ ingresso + merenda
Dopo essersi imbattuta in un giovane Yeti sul tetto del suo condominio a Shanghai, ed soprannominato Everest, l'adolescente Yi e gli amici Jin e Peng si imbarcano in un'epica impresa nel tentativo di far ricongiungere la magica creatura con la sua famiglia nel punto più alto della Terra.
Evento speciale
L’anarchico venuto dall’America
di Gabriele Cecconi, Italia, 2019, durata: 70 minuti
INGRESSO: 6€ intero/ 5€ ridotto
Il film documentario scritto e diretto da Gabriele Cecconi, racconta la vita e la morte di Gaetano Bresci, l’anarchico di Prato che tornò dal New Jersey per uccidere il Re Umberto I. Il film si sofferma sulle tappe principali della vita privata e politica di Bresci e approfondisce in particolare i motivi che lo costrinsero ad emigrare in America e quelli che lo convinsero a tornare in Italia, abbandonando la moglie Sophie e l’amata figlia Madeleine.
Proiezione speciale alla presenza del regista Gabriele Cecconi e dei due attori protagonisti Andrea Anastasio e Giorgia Calandrini.
PROGRAMMAZIONE
La scomparsa di mia madre
di Beniamino Barrese, 2019, Italia, 90 minuti
INGRESSO: 6€ int/ 5€ rid
Beniamino Barrese racconta sua madre, Benedetta Barzini, top model negli anni 60, musa di fotografi e artisti, da Irving Penn a Richard Avedon, da Andy Warhol a Salvador Dalì. Presentato nella selezione ufficiale dell'ultimo Sundance Film Festival.